Ad occhi chiusi di Carofiglio e Fineschi [Trailer]

L’associazione Culturale L’Albatro presenta “Ad occhi chiusi”, spettacolo teatrale di tipo sperimentale e di denuncia sociale tratto dall’omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio.

Tratto dall’omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio. Ideato e diretto da Carlo Fineschi.

La trama ruota attorno a un processo per stalking.  L’Avvocato Guido Guerrieri sulla soglia dei quarant’anni si ritrova a dover compiere una scelta difficile dal punto di vista professionale, costituirsi parte civile per Martina Fumai, che accusa di maltrattamenti e persecuzioni l’ex convivente Gianluca Scianatico, medico appartenente all’alta società. Scianatico è figlio di Ernesto, chiacchierato e potente presidente di Corte d’Appello: è per non inimicarselo, che gli altri avvocati hanno rinunciato all’incarico. Martina Fumai inoltre, nel passato è stata affetta da problemi psichiatrici. Una causa per violenza domestica che trasformerà anche la vita personale dell’avvocato Guerrieri.

I punti di vista dei protagonisti sulla vicenda sono molteplici e molto diversi tra loro, per questo il regista, Carlo Fineschi, ha interpretato questi aspetti scrivendo tre copioni, che prevedono l’intreccio e l’interazione di Gianluca Scianatico, di Martina Fumai e dell’avvocato Guerrieri.

Il concetto alle spalle dell’opera “Ad occhi chiusi” è quello di teatro itinerante. Il pubblico, di massimo 36 persone, rigorosamente con prenotazione obbligatoria.

Solo a prenotazione effettuata tramite sms o email si verrà conoscenza del luogo di inizio dello spettacolo e di quale punto di vista dei protagonisti si seguirà. Il pubblico viene suddiviso in tre gruppi da 12 persone ciascuno, che diventeranno “ospiti” del punto di vista di uno dei protagonisti.

Gli attori agiscono, parlano, guidano le proprio autovetture con il pubblico che continua a seguirli anche all’ interno di queste e interpretano i loro personaggi, abbattendo la quarta dimensione teatrale, quella del palcoscenico.

Le ambientazioni dell’opera ruotano a seconda dei punti di vista dei protagonisti e il pubblico viene fisicamente trasportato da un momento all’altro della storia, senza avere il tempo di comprendere se si tratti di realtà o finzione. Alcune “scene” sono condivise da tutto il pubblico, nei momenti di incontro/scontro tra i personaggi, creando così un filo logico che interseca le storie dei protagonisti e completa la cornice della storia.

Lo spettacolo ha debuttato a Roma dal 15 al 25 maggio 2014, con una ripresa a settembre 2014 in collaborazione con il MAXXI (Museo Nazionale delle arti del XXI secolo).

 

IL TEMA DELLA SPETTACOLO

L’Associazione L’Albatro, fondata da Sara Allegrucci e Matteo Bolognese, ha deciso di produrre questo spettacolo non solo per la forte componente innovativa proposta dal regista Carlo Fineschi, ma per il tema che affronta l’opera: la violenza sulle donne.

L’idea è stata quella di far vivere allo spettatore questa realtà immergendolo completamente  nella storia.  “E’ importante – affermano Sara Allegrucci e Matteo Bolognese, fondatori dell’associazione dell’associazione – sensibilizzare il pubblico attraverso l’esperienza di Ad occhi chiusi. Per comprendere fino in fondo cosa vuol dire vivere in casa di una donna che subisce violenza dal proprio compagno.  E attraverso questo spettacolo è possibile vedere non solo la psicologia apparentemente normale del carnefice, ma anche tutto quello che si scatena nel pensiero e nella paura della vittima che, nonostante tutto quello che è costretta a subire, rimane sola nel suo incubo e addirittura viene emarginata dagli amici e dai familiari stessi.  Inoltre, molto importante è il punto di vista delle istituzioni, proprio del vero protagonista del romanzo di Carofiglio , l’avvocato Guerrieri che entra in gioco quando la donna ha il coraggio, nonostante tutto, di denunciare tutto quello che ha subito. E anche questo freddo percorso tra polizia, avvocati, aule di tribunale è possibile seguirlo da vicino, sapendo che questa è la realtà che ogni donna, in Italia, che decide di denunciare, si trova ad affrontare. E proprio questo è il nostro messaggio: ascoltare queste donne ed invitarle ad intraprendere questo percorso”.

 

NOTE DI REGIA a cura di Carlo Fineschi

La scelta di proporre “Ad occhi chiusi” come opera di teatro non significa, per me, riprodurre il romanzo in uno spazio teatrale, ma cercare di ricreare quelle sensazioni e stati d’animo che mi ha trasmesso il romanzo. A questo scopo, ho pensato che la cosa migliore fosse abbattere la divisione tra platea e palco, la famosa quarta parete, e far entrare totalmente lo spettatore all’interno della storia.

Gli attori e gli spettatori si trovano realmente vicini e anche chi assiste ha la sensazione di vivere quella situazione, in un momento che diventa così unico e irripetibile.

“Ad occhi chiusi” non si svolge all’interno di un tradizionale spazio teatrale, ma si sposta attraverso locations diverse, anche a distanza l’una dall’altra e lo spettatore seguirà gli attori anche dentro le loro  automobili durante gli spostamenti.

L’obiettivo è quello di renderli  partecipi  di ogni attimo della vita dei personaggi, vivendo appieno la storia e le importanti tematiche sociali ad essa legate: stalking e violenza domestica.

Lo spettatore vive un’esperienza totalizzante a 360 gradi.

Altra cosa che mi incuriosiva era possibilità di poter dare agli spettatori delle opinioni  e sensazioni diverse sulla stessa storia. Nella vita di tutti i giorni le persone si dividono nei propri giudizi e nei propri sentimenti a seconda della versione dei fatti  che li viene fornita.  Si fidano forse, di chi la racconta o su ciò che hanno visto o ascoltato, magari solo in parte, o anche su un fattore di simpatia o antipatia rispetto ai  protagonisti dei fatti. In questo modo, hanno opinioni e sentimenti  diversi l’uno dal’altro.

Ma qual è la forma d’arte più vicina alla sensazione di realtà se non uno spettacolo dal vivo?

Così ho creato  tre diversi copioni dalla stesso romanzo. Quindi una stessa storia con tre punti di vista diversi:uno per l’avvocato Guerrieri (protagonista del romanzo), uno per la presunta vittima Martina Fumai e uno per il presunto colpevole Gianluca Scianatico.

Ho deciso di dividere il pubblico in tre gruppi ,ognuno dei quali può seguire solo un punto di vista, ignaro di quello che succede nelle altre storie.

Naturalmente   la storia è una e a volte i vari gruppi si incontrano venendo da scene completamente diverse anche a livello emotivo, avendo così un opinione soggettiva anche dei personaggi.

Alla fine ogni spettatore avrà la propria verità e le proprie emozioni a seconda di ciò che ha visto.

L’obiettivo è quello di far diventare “Ad occhi chiusi” una realtà, dove per tre ore lo spettatore si immerge completamente .

 

NOTE DI PRODUZIONE a cura di Sara Allegrucci (Ass. Culturale L’Albatro)

L’opera viene rappresentata e vissuta a 360°, poiché non vi è finzione e tutto si basa sulla realtà, sull’intimità e sulla verità di ogni personaggio.

La scelta è di avere soltanto 36 spettatori a replica in modo da dividerli in tre gruppi di dodici persone, dando loro la possibilità di seguire uno dei tre punti di vista della storia: l’avvocato Guerrieri (la giustizia) la presunta vittima Martina Fumai e il presunto colpevole Gianluca Scianatico.

La scelta di un’ elité è voluta per rafforzare il concetto di intimità, di realtà e per avere la possibilità di avere cura di ogni singolo spettatore.

Il pubblico è una spia di tutto quello che accade. Dal primo istante, da quando gli viene comunicato il giorno prima, tramite un sms, dove presentarsi. Ogni gruppo ha tre partenze in tre luoghi diversi. Viene fornito ad ognuno un badge come segno di appartenenza a quel gruppo. Ci sono delle automobili parcheggiate, gli spettatori vengono fatti salire ed inizia il loro viaggio con i personaggi.

La valenza sociale di “Ad occhi chiusi” è molto forte: crediamo nella tematica essendo contro la violenza in tutte le sue forme. È uno spettacolo di denuncia, non soltanto contro stalking e maltrattamenti, ma anche contro il fenomeno dell’omertà diffusa in certe situazioni e del controverso ruolo della Giustizia italiana.

E non è il format la forza dello spettacolo che ovviamente lo arricchisce,  ma è tutto quello che c’è dietro. Non è la struttura, ma è come la storia viene raccontata.

Spiare, senza poter dire o fare nulla.

Questo è il ruolo del pubblico, che sviluppa il senso catartico.

C’è il punto di vista della presunta vittima, con le violenze subite dentro casa propria e l’incubo di chi decide di reagire, il rapporto con la giustizia, il supporto ottenuto e la consapevolezza di esser comunque sola di fronte a qualcosa di razionalmente incomprensibile.

C’è il punto di vista del ‘bravo ragazzo’, del presunto colpevole, situazione in cui lo spettatore – spia è ignaro della vera essenza del protagonista, nonostante abbia vissuto con lui nel suo studio, abbia conosciuto i suoi amici e abbia visto che l’avvocato che lo difendeva lo riteneva innocente. Solo alla fine ci si renderà conto che forse quella non è la realtà.

Infine, c’è l’ultimo punto di vista, quello del  vero protagonista del romanzo di Carofiglio, l’Avvocato Guerrieri, che ha una sua vita, una compagna, una casa, e si trova di fronte alla difficile decisione se assumere o meno il caso di questa donna: un caso che potrebbe distruggere la sua carriera, poiché nonostante sia un caso umano evidentemente da difendere, c’è di mezzo gente ‘potente’ che potrebbe danneggiarlo. Egli alla fine decide di fare il salto nel vuoto. Ed ecco che lo spettatore si lancia insieme a lui.

E sono questi tre mondi che vanno avanti da soli e si uniscono e poi si distaccano nuovamente come nella vita. Per poi vivere ognuno un finale completamente diverso. Anche qui, come nella vita, ognuno ha il suo punto di vista.

 

SCRIVONO DI NOI

Francesco Munda, Break Up Press News, 26 maggio 2014

“…ben presto ci siamo accorti che non andavamo realmente a teatro – perché stavolta il teatro non c’era, inteso come luogo fisico. E non avremmo neanche visto un unico spettacolo, ma avremmo seguito uno dei tre personaggi principali e il suo personale punto di vista sulla storia, mentre si intrecciano situazioni, percorsi, ambientazioni e stati d’animo, incontrandoci di tanto in tanto con gli altri protagonisti nelle scene in comune.

(…)I tre gruppi di pubblico (rigorosamente di 12 persone ciascuno), partono da due punti differenti del quartiere Flaminio a Roma, e vengono portati dagli artisti sui luoghi dell’azione. Nelle loro vetture, in gruppi di quattro passeggeri, seguendo la storia che si sviluppa anche durante gli spostamenti, con l’incredibile, doppio ruolo di attore e chaffeur per ognuno dei nostri interpreti.

Il teatro di fatto non esiste, e l’azione scorre veloce, fisicamente in appartamenti privati e in una scuola paritaria primaria in una struttura religiosa , dove i gruppi di pubblico vengono trasportati dalla narrazione, di stanza in stanza, di scena in scena, con gli attori a stretto contatto di gomito col pubblico.

(…)La storia ruota intorno a un processo per stalking, tema di pressante attualità, a opera di un giovane, spregiudicato professore (Matteo Bolognese) che sa benissimo di avere le spalle coperte da un padre famoso e potente, tema di attualità eterna, ai danni di una ragazza con un passato tormentato (Sara Allegrucci), che è stata brevemente la sua compagna, ma che ora è terrorizzata dalle persecuzioni psicologiche e non dell’ex fidanzato. In mezzo, un promettente avvocato (Adelmo Togliani) che sa benissimo che la battaglia di principio sarebbe non solo in salita, ma anche pericolosissima per la sua carriera .

I tre protagonisti vivono la vicenda con tre punti di vista totalmente differenti. I personaggi secondari  aggiungono “ponti” tra i filoni, raccordando le storie, acuendo le incomprensioni, e portando in scena il carico delle loro personali afflizioni e miserie. L’eterna fidanzata (Alessandra Verdura), innamorata di un indeciso e tormentata di tenerezze e gelosie; la procuratrice in carriera (Valeria Mafera), che su quell’altare ha sacrificato persino la sua stessa identità; l’avvocato untuoso e arrogante (Camillo Ventola), maestro nel correre sempre in soccorso dei vincitori; la suora taciturna e tagliente (Chiara Ricci), con molto più di una semplice vocazione religiosa alle spalle e il dottor Merisi (Edoardo Ciufoletti) che porta il suo pubblico a dubitare dell’evidente colpevolezza dell’accusato.

Le tre udienze del processo (angoscianti e puntigliose come solo il linguaggio forense sa essere – oltre a riportare alla memoria personale inquietanti ricordi), nelle quali convergono i protagonisti e i gruppi di pubblico a essi agganciati, sono l’occasione per confrontare i filoni e assegnare al giudice (dilettante del palco, ma professionista della Legge Roberto Allegrucci) di trovare l’oggettività nelle versioni soggettive e nelle vicende private ormai pubbliche.

Fino all’epilogo, tragico e inevitabile, risolve la questione lasciando sul terreno più domande che risposte.

(…)Non è stato uno spettacolo e soprattutto non è stato (semplicemente) teatro. E’ stato molto, molto altro, un’esperienza dei sensi e dello spirito. Se potessimo paragonare questo modo di recitare con un’altra arte simile, potremmo pensare all’emozione di aver visto un film in 3D per la prima volta, dopo cent’anni di schermi d’argento bidimensionali. La scena si muove intorno a noi, la scena si muove con noi, la scena siamo noi .”

 

L’Opera

Genere: Teatro Sperimentale
Tratto dall’omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio
Ideato e diretto da: Carlo Fineschi
Autori: Carofiglio, Fineschi
Prodotta da: L’Albatro
Anno: 2014

Cast e Creativi

Attori/Attrici: Adelmo Togliani, Chiara Ricci, Sara Allegrucci, Matteo Bolognese, Edoardo Ciufoletti, Valeria Mafera, Matteo Milani, Camillo Ventola, Rosalba Battaglia, Chiara Della Rossa, Carlo Petruccetti, Alice Iacono e Salvatore Cost

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Tag: , Filled Under: Trailer teatro Posted on: 6 March 2018

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