E’ in scena al Teatro Carlo Felice di Genova fino al 21 ottobre la versione in musical di An American In Paris, titolo che rimanda immediatamente al famosissimo film hollywoodiano diretto da Vincente Minnelli con Gene Kelly e Leslie Caron. Ne abbiamo ammirato il fascino e respirato le atmosfere da sogno. Qui per voi la recensione.
Non vi è altra definizione per sintetizzare al meglio ciò che da sempre rappresenta Un Americano a Parigi se non quella di un grande sogno ad occhi aperti. Nato sotto forma di poema sinfonico dal genio di George Gershwin, An American In Paris venne reso più che celebre dall’omonimo film musicale hollywoodiano girato nel 1951 proprio per rendere omaggio al grande compositore prematuramente scomparso.
Il regista Vincente Minnelli trasferì su pellicola ciò che la creatività di Gershwin aveva descritto mescolando vari generi musicali: le impressioni di un Americano che passeggia per Parigi e ne ascolta i suoni e i rumori impregnandosi dell’atmosfera francese. Coreografo e straordinario interprete di quel film, Gene Kelly (nei panni dell’ex soldato d’oltreoceano Jerry Mulligan) che volle accanto a sé l’allora esordiente Leslie Caron per il ruolo della giovanissima Lise. “Gene Kelly mi cambiò totalmente la vita” dirà l’attrice in seguito.
Prima nazionale al Teatro Carlo Felice di Genova
Fino a domenica 21 ottobre la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova porta in scena per la prima volta nel nostro Paese in co-produzione con la World Enterntainment Company la versione musical di An American In Paris, che ha debuttato al Théâtre du Châtelet di Parigi nel 2014. Il libretto è a cura di Craig Lucas. La regia di Federico Bellone mantiene l’originalità di quello spettacolo premiato con 4 Tony Awards scegliendo, però, di avvalersi dei sopra-titoli per facilitare l’immediata comprensione dei brani cantati. Bellone affida inoltre ad Alice Mistroni e Claudio Zanelli l’adattamento e la traduzione italiana dei dialoghi.
Ad impreziosire e rendere unico l’allestimento di An American In Paris in scena a Genova, la presenza del Coro (Maestro Francesco Aliberti) e dell’Orchestra Sinfonica del Teatro Carlo Felice, diretta da Daniel Smith. E il Maestro Smith sarà protagonista di una piccola sorpresa che denota, oltre a bravura e passione indiscusse, tanta umiltà, simpatia e grande affetto per il pubblico. “Ho sempre amato rompere la quarta parete che ci separa dagli spettatori in sala” afferma.
La trama di An American In Paris racconta una storia d’amore, arte e amicizia ambientata nella Parigi del 1944 appena liberata dai nazisti. Quattro giovani di talento, Jerry (Giuseppe Verzicco), Adam (Tiziano Edini), Henri (Simone Leonardi) e Lise (Marta Melchiorre), sono accomunati dalla speranza di realizzare le proprie aspirazioni artistiche. Jerry sogna di affermarsi nella pittura, il suo vicino di casa e amico Adam è un pianista tanto dotato quanto squattrinato, il francese Henri vorrebbe sfondare come cantante al Radio City Music Hall di New York. Lise, infine, lavora alle Galeries Lafayette ma aspira a diventare una grande ballerina. La ragazza ha inconsapevolmente stregato i cuori dei tre, perdutamente innamorati di lei all’insaputa l’uno dell’altro.
Ecco dunque perché An American in Paris rappresenta un grande sogno ad occhi aperti. E aggiungerei senza tempo. Il suo messaggio di speranza attraversa ogni epoca: l’importante nella vita è essere sé stessi, sforzandosi di credere fino in fondo nei propri sogni. Piccoli o, forse, particolarmente ambiziosi.
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Solo l’arte consente di non smettere di sognare
Dal sogno all’arte il passo è breve. A Genova An American In Paris si fa così omaggio alla musica, la pittura, la danza e il canto, discipline che si intersecano in due ore di spettacolo per divenire le reali protagoniste dello show. Perché solo l’arte consente di non smettere di sognare.
Si comincia con la musica. Mentre ci accomodiamo in sala accolti dalle famosissime note di “I Got Rythm” notiamo subito il pianoforte al centro della scena. Sarà quasi onnipresente. Lo strumento rimanda a Gershwin, ma l’omaggio va oltre. L’inseparabile tastiera sarà indispensabile ad Adam per trasferire al pubblico la storia del suo amico Jerry, l’ex soldato-pittore. In suo onore ecco allora che Federico Bellone (anche scenografo) disegna sul fondo del palco una grande cornice che nel corso della serata ospiterà un susseguirsi di tele famose. La pittura rievocherà in tal modo le mille atmosfere ed emozioni della Parigi del secondo dopoguerra. Da sottolineare le doti mimiche di Tiziano Edini, che dà il meglio di sé nel momento in cui Jerry e Henri si riveleranno innamorati della ragazza del suo cuore. Adam affida le proprie pene d’amore all’alcool e le risate sono assicurate.
Arriviamo così al canto. La scena più affascinante da questo punto di vista, è l’immaginaria esibizione di Henri che canta “I’ll Build a Stairway to Paradise” al Radio City Music Hall. La scalinata verso il Paradiso appare maestosa e i costumi particolarmente sfarzosi.
An American In Paris regala in ogni caso a ciascun personaggio un particolare momento di assolo. Ce lo dimostra l’attrice con la A maiuscola che non ho ancora menzionato, Alice Mistroni che veste i panni della ricca magnate Milo Roberts. Se ho tardato è perché il suo personaggio appare a mio avviso come una sorta di “guastafeste” anche se, fortunatamente, non riesce nel suo intento. Ottime le doti interpretative di Alice in “Someone to Watch Over Me”.
La danza, vera regina di An American In Paris
E infine la danza. L’arte regina di An American In Paris. Gershwin, del resto, aveva definito il suo poema sinfonico un “balletto rapsodico”. Le imponenti dimensioni del palcoscenico con i suoi 574 mq fanno sì che al Teatro Carlo Felice le coreografie appaiano l’elemento più affascinante. Quasi una controtendenza se pensiamo che ormai da tempo la televisione italiana ha scelto di tralasciare la danza e i musical puntano per lo più sulle capacità acrobatiche dei performers.
Fabrizio Angelini, invece, fa esibire tutti i suoi ragazzi (l’ensemble è formato da dodici danzatori) in passi classici e moderni che ne evidenziano la tecnica individuale. Per fare questo utilizza anche qualche stratagemma come la scena dello specchio durante l’audizione di Lise. La ragazza incanterà il maestro Mr. Z (Marco D’Alberti) e la sua terribile assistente Olga (Annamaria Schiattarella). Momento culminante è il bellissimo “passo a due” che, all’interno dei venti minuti di “balletto rapsodico” ripresi dal film, esalta Giuseppe Verzicco e Marta Melchiorre, ma tutto il corpo di ballo si dimostra capace di padroneggiare ogni movimento.

Giuseppe Verzicco e Marta Melchiorre. Foto di Giulia Marangoni
La danza disegna poi una scena corale particolarmente colorata con il supporto dei costumi di Chiara Donato e delle luci di Valerio Tiberi. Siamo alla festa in maschera organizzata dai genitori di Henri per ufficializzare… vabbè, non posso dirvelo. Jerry coinvolge a poco a poco tutti gli invitati in una collettiva esibizione di tip-tap in cui spiccano proprio i coniugi Baurel (Mimmo Chianese e Donatella Pandimiglio).
Che dirvi? Correte ad immergervi nell’atmosfera di An American In Paris! E’ vero, qualche piccola cosa stona nei dialoghi italiani con almeno un paio di battute che lasciano il pubblico perplesso, ma non si può perdere l’occasione di sognare! L’invito è come sempre a commentare con le vostre impressioni e questa volta aggiungo…. confidateci ogni vostra aspirazione!
A cura di Giulia Grondona
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Tag: commedia musicale, Recensioni, spettacoli teatrali Filled Under: Musical Posted on: 19 October 2018