Ho perso il filo è il nuovo divertente spettacolo di Angela Finocchiaro. Un monologo, una danza, un gioco, una festa. Soprattutto un amalgama coinvolgente ed energico di tanti linguaggi espressivi differenti. L’abbiamo visto al Politeama Genovese. Ed ecco per voi la recensione.
Difficile credere che Angela Finocchiaro possa dire Ho perso il filo. E con lei in scena anche per il pubblico è impossibile perdere il filo. Il filo del buonumore, naturalmente. Troppo diretto, stralunato e inconfondibile il suo stile. Troppo immediatamente riconoscibile il suo talento. E allora anche uno spettacolo originale proprio come il suo nuovo Ho perso il filo nato dalla contaminazione di linguaggi inusuali alla comicità, si tramuta per l’attrice milanese in un legame a filo doppio con la platea. Fatto di una salda complicità costruita nel tempo e di un forte desiderio di sorridere smontando ansie, paure e ipocrisie del mondo di oggi.
Dalla donna impacciata al mito greco dell’(impacciato) Teseo

Angela Finocchiaro nei panni di Teseo. Foto di Paolo Galletta
Il dialogo tra la Finocchiaro e il suo pubblico ha inizio a sipario ancora chiuso. Angela sente il bisogno di confidarsi e, insieme, di spiegare il perché di Ho perso il filo, scritto con Walter Fontana e con la stessa regista Cristina Pezzoli. Ebbene, basta con il solito ruolo comico della donna impacciata. I suoi figli le rimproverano di “fare sempre la stessa cosa”.
Da oggi, perciò, si cambia. Stasera l’attrice vestirà, udite udite, i panni del mitologico Teseo. Sì, proprio l’eroe che uccise il feroce Minotauro e che poté trovare la via d’uscita dal Labirinto di Cnosso solo grazie al preziosissimo gomitolo di filo donatogli da Arianna. Ecco perché a lato del palco campeggia un gomitolo gigante. La Finocchiaro lo affida a uno spettatore della prima fila cui assegna una grande responsabilità: dovrà srotolarlo senza commettere errori, perché solo grazie a quel filo l’attrice potrà ritrovare la via del ritorno dal Labirinto che la attende al di là del sipario. Dopo, naturalmente, aver sconfitto il Minotauro.
Ma è inutile. Non c’è niente da fare. Quel filo doppio fatto di buonumore e sorriso non può che prevalere ancora una volta. Perché la Finocchiaro non possiede “alcuna qualità per poter interpretare un eroe”, come dichiarerà lei stessa. Fin dai primi minuti, infatti, Angela/Teseo appare spaesata e di fatto in balìa di quel Labirinto che assume le sembianze di un autoritario e severo Muro Parlante. E, ancora ben lontana dal terribile Minotauro, è immediatamente sopraffatta da ben sei malefiche Creature.
Questi strani personaggi dal fisico scolpito e possente la strattonano, la disorientano, la disarmano. E a nulla valgono elmo, armatura e spada che le vengono sottratti ben presto. Il filo di Arianna in cui l’attrice confidava si rompe in un baleno e lo spettatore-complice, custode del prezioso gomitolo gigante, non potrà nulla per soccorrere la nostra eroina
Il feroce Minotauro? Il vero pericolo nasce dalle nostre paure
C’è di più. Quelle strane Creature così potenti che abitano il Labirinto non sono altro che la personificazione delle sue paure. Timori che la Finocchiaro si porta dietro fin da bambina, in alcuni casi. E che una volta per tutte è chiamata ad affrontare. Il suo viaggio, allora, si sposta da Cnosso dentro sé stessa. Diventa un percorso che si snoda in una serie di quadri autobiografici in cui gli spettatori, compagni di viaggio tanto inermi quanto incuriositi, si identificano con estrema facilità.
Riuscirà la vera Angela a sconfiggere queste paure e a ritrovarsi? Sì, ci riuscirà. Le saranno sufficienti le sue armi migliori che, tra l’altro, non sono affatto strumenti di offesa. Quella comicità e quella straordinaria ironia che ne fanno davvero un’eroina del palcoscenico. E allora anche affrontare il Minotauro non si rivelerà, in fondo, un compito così arduo e impossibile.
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Breakdance, capoeira e sirtaki. Signori, la festa è servita!

Angela Finocchiaro in scena con le temibili Creature
Una lotta contro sei personaggi strani, possenti e malefici dicevo. Proprio da questo incessante quanto inaspettato combattimento nasce l’originalità di Ho perso il filo. Chi sono dunque queste Creature così temibili almeno in apparenza? Si chiamano Fabio La Bianca, Giacomo Buffoni, Alessandro La Rosa, Antonio Lollo, Filippo Pieroni e Alessio Spirito. Ovvero, sei abilissimi danzatori-acrobati guidati dal coreografo Hervé Koubi. Maestri di breakdance, capoeira e arti marziali capaci di sprigionare, con le loro indubbie doti tecniche e ginniche, un vigore davvero coinvolgente e seducente al tempo stesso. Musica, luci, danza e tanta energia quindi. Che in Ho perso il filo si amalgamano diffondendo in sala allegria e divertimento. Quell’avventura tanto temuta diventa allora una vera festa. Un sirtaki finale spensierato e liberatorio. E il pubblico non può che applaudire a ritmo di musica.
Se desiderate dunque candidarvi per il ruolo di custodi del prezioso gomitolo di Arianna non vi resta che trascorrere le feste natalizie nella Capitale. Ho perso il filo sarà infatti in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 26 dicembre al 7 gennaio per tornare poi a riprendere il suo lungo giro per l’Italia.
Aspettiamo come sempre i vostri commenti e giudizi e, nell’attesa, i migliori auguri a tutti da WelcomeTheatre e TeatroDigitale.com!
Recensione a cura di Giulia Grondona
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Tag: commedia musicale, Politeama Genovese, Recensioni Filled Under: Colpi di scena Posted on: 14 December 2018