Oggi per la nostra rubrica dedicata al “dietro le quinte” del teatro, ho avuto il piacere di intervistare Ludovica Ottaviani, autrice, attrice e scrittrice per il cinema e teatro. Perché lei? Per l’energia, la voglia di fare e soprattutto per il sorriso. Non un sorriso comune, ma quello di chi è riuscito a portare avanti le proprie passioni.
Vorrei che quest’intervista fosse una specie di in “bocca al lupo” per tutti quei ragazzi e quelle ragazze che vogliono intraprendere la carriera teatrale o cinematografica, un’esortazione a non mollare, a crederci, a riprovarci.
Una strada per raggiungere i sogni esiste, non cambiare direzione solo perché qualcuno ti dice che è difficile, il padrone del tuo destino sei solo tu. Ma ora lascio che a dirti queste parole sia una talentuosa ragazza classe 1991. Buona lettura!
Chi è Ludovica Ottaviani?

ph Carlotta Guido
Ahi… è di sicuro la domanda più difficile. Passata questa, il resto è in discesa vero? (Ride). Ludovica è… un sistema complesso che sa fare una cosa sola: scrivere. Ma solo perché non sa né ballare né cantare. Un po’ come nella tagline di Rocky Balboa (Ride).
Sono un sistema complesso come del resto tutte le persone: gli esseri umani sono creature affascinanti quanto complicate, ed è questo uno dei motivi che mi hanno spinto a scrivere, ad osservare i loro comportamenti, il loro modo di relazionarsi l’uno verso l’altro vedendo come rimangono influenzati dall’ambiente in cui vivono, che è poi lo scenario naturale nel quale si muovono, come attori sulla scena.
Vedi il profilo di Ludovica Ottaviani su AutoriExpo.
3 aggettivi con cui ti descriveresti
Direi ironica, logorroica e camaleontica. L’ironia è uno dei tratti distintivi della mia personalità: ho imparato molto presto che è un ottimo “grimaldello” per affrontare la realtà, perché tutto ciò che ci circonda e che ci accade può essere letto attraverso una lente ironica e deformante.
Logorroica, perché ho evidentemente un problema con le parole… forse ne sono perdutamente innamorata. I musicisti per comunicare le emozioni hanno le note e i suoni; io ho le parole, che hanno una loro personalissima musicalità che compone complesse melodie. Finisco per parlare sempre, perfino per parlarmi addosso, anche nel sonno.
Camaleontica, perché credo che nel cambiamento sia riposta l’essenza stessa dell’esistenza: mutare, adattarsi è importante per sopravvivere, per resistere agli urti e ai cambiamenti. Bisognerebbe imparare dall’aragosta: è un crostaceo con un’altissima capacità di resilienza, in grado di cambiare il proprio carapace solo nel momento critico. È insomma in grado di “crescere nel disagio” … curioso, no?
Come nasce il tuo amore per il Teatro?

Ph credit: Teatro Le Sedie
In realtà il mio primo amore, quello che non si scorda mai, è il cinema. In casa mia l’ho respirato fin da subito grazie a una madre costumista e a un padre ex-stuntman. Poi però è stata la vita a portarmi verso il teatro, con il primo corso al quale ho preso parte a quattordici anni.
Fu proprio lì che mi chiesero, quasi per gioco: “senti, ci serve una scenetta comica per il saggio di fine anno. Hai mai scritto per il teatro?” Non l’avevo mai fatto, ma non mi tirai indietro e scrissi lo sketch. Da lì tutto ha avuto inizio, e non mi sono più fermata.
In quale spettacolo sei stata o sarai impegnata prossimamente?
Sono reduce dal debutto dell’ultima commedia che ho scritto, “Sotto il Segno dei Gemelli”, andata in scena presso il Teatro Le Sedie con la regia di Andrea Pergolari; una bella soddisfazione, perché per la prima volta c’era qualcuno a dirigermi. Ho potuto quindi osservare come un occhio esperto – ed esterno – si approccia ad un testo, visto che di solito ho sempre scritto e diretto le mie commedie. Non ti nego che, nel prossimo futuro, mi piacerebbe replicare di nuovo “Sympatya per il Diavolo”, una commedia da me scritta e diretta che ha debuttato ad Ottobre… chi mi conosce bene sa quant’è importante questa pièce per me. Dietro l’appeal da commedia ungherese venata di humour britannico c’è un mondo, il mio, con le mie “meravigliose ossessioni”: il rock-blues, i Rolling Stones, l’esoterismo, il witz ebraico, le dispute teologiche. E poi interpreto il Diavolo… come potrei non divertirmi? (ride).
Al momento non so bene quali programmi mi riserverà il futuro: l’unica certezza che ho è che continuerò a scrivere. Sto promuovendo due antologie letterarie che contengono dei miei racconti; collaboro con la webzine Moviestruckers.com dove mi occupo di cinema – recensioni, saggi, interviste – e di sicuro tornerò a teatro, magari portando un po’ in giro “Sotto il Segno dei Gemelli” o debuttando con qualche nuova commedia. Ne ho già scritta qualcun’altra e devo dire che sono abbastanza soddisfatta: lo stile è più maturo come del resto anche la posizione dell’autore. Forse è arrivato il momento di tirare anche loro fuori dal cassetto!
Quali sono 3 caratteristiche che non devono mancare a chi vuole intraprendere la carriera di attore/autore teatrale?
Sicuramente la più importante è la tenacia: bisogna essere sicuri del proprio lavoro e consapevoli delle proprie scelte, nel bene e nel male; questa consapevolezza non deve però trasformarsi in arroganza, perché tanto ci penseranno le critiche a riportare tutti con i piedi per terra.
Essere auto-critici è un altro aspetto fondamentale: le note che vengono dagli altri sono importanti, perché spesso rappresentano il riflesso dello specchio nel quale l’autore/attore fissa la sua stessa opera, ma l’ultima parola spetta sempre a noi. Siamo noi stessi i fautori del nostro destino e di quello dei nostri personaggi: solo noi sappiamo vita, morte e miracoli, dove dobbiamo portarli e dove vogliono andare. Mantenere un certo margine di distanza dal proprio lavoro è importante, per potersi estraniare guardandolo da fuori, per poter giudicare senza forzature o vizi di forma alcuni.
Terza caratteristica fondamentale e imprescindibile è la creatività: è la “benzina forte” dei sogni. Senza di essa si macinano pochi chilometri: un vero peccato per un attore ma soprattutto per un autore, che deve creare mondi a partire da zero, sfruttando soltanto la propria fantasia e qualche sollecitazione esterna utile per innescare la miccia della vena creativa.
3 consigli per chi vuole intraprendere la carriera teatrale
Tre consigli? Li cerco anch’io, se li avvistate mi fate un fischio? (ride) Battute a parte, il primo che posso dare è di restare umili: mai montarsi la testa, un piccolo momento di popolarità o un successo temporaneo non significano nulla perché prima o poi possono capitare a tutti: il vero segreto è durare, restando sempre fedeli a se stessi, alle proprie origini e al percorso che si è intrapreso.
Un altro consiglio che mi sento di dare perché l’ho sempre seguito io stessa è quello di essere determinati, di non farsi mai abbattere dagli ostacoli o dai temporanei rovesci della fortuna. Quello dello spettacolo è un mondo difficile, pieno di detrattori, ostacoli e oggigiorno di haters: ma se si lavora in buona fede, se si agisce sempre con coerenza, si può continuare abbastanza indisturbati sempre lungo la propria strada, in “direzione ostinata e contraria”, citando De André.
Un terzo, e ultimo, accorgimento utile per sopravvivere nel paese delle meraviglie teatrali è legato alla gentilezza: spesso la gente dimentica quanto possa essere importante trattare il prossimo con garbo e cortesia, magari accompagnando il tutto con un bel sorriso. Essere gentili con le persone è importante, come del resto imparare a “trattare tutti come se avessero il cuore spezzato”, con delicatezza. Quest’ultimo pensiero non è mio, ma di Jake Gyllenhaal: un attore meraviglioso e un uomo intelligente quanto profondo, che ho avuto il piacere d’incontrare durante l’ultima Festa del Cinema di Roma.
Oggi che importanza ha la comunicazione online (promozione web, social media) per il teatro e gli attori?

(credit CSC CENTRO SPERIMENTALE CINEMATOGRAFIA)
Credo che oggi, nell’era ormai del 3.0, la comunicazione online, lo sfruttamento dei social media e delle reti tessute dai social network, la condivisione e il social marketing siano aspetti fondamentali per rinnovare il volto del teatro. Troppo spesso chi dovrebbe investire su questi aspetti – ad esempio, i produttori, gli investitori, i direttori artistici dei teatri – non riescono a cogliere al volo le opportunità che un’ottima campagna pubblicitaria può garantire a uno spettacolo, alle compagnie coinvolte ma soprattutto ai teatri ospitanti.
Dal mio piccolo punto di vista, ho sperimentato proprio sulla mia pelle l’importanza di una buona campagna promozionale attraverso l’uso dei social: tramite il mio account Instagram e la mia pagina Facebook – nonché quella ufficiale della mia “factory” creativa, la PurAnarchia-spettacoli – sono riuscita a raggiungere un margine più ampio di pubblico, fidelizzando e permettendo loro, allo stesso tempo, di seguirci durante tutto il processo creativo della commedia. Insomma, utilizzando un hashtag e restando in tema: #SocialMediaAreTheNewPassaparola.
I social media e, nello specifico, i social network sono la risorsa del presente e saranno, con molta probabilità, la consuetudine del domani: invece di demonizzarli, bisognerebbe – a parer mio – educare ad un uso consapevole i fruitori, per poter permettere loro di usufruirne, creando in tal modo un filo doppio che colleghi il prodotto (teatro) al consumatore (lo spettatore). La comunicazione online è una frontiera pioneristica oggi, ma se ne parla ancora troppo poco e si sfrutta ancora meno; per fortuna esistono realtà in continua evoluzione capaci di cogliere al volo le sollecitazioni che provengono dal web.
Insieme ad altri autori contemporanei hai intrapreso il progetto Autori Expo? Vuoi raccontarci di più?
Certamente; mi sono ritrovata coinvolta nel progetto Autori Expo in quanto socia del CENDIC, il Centro Nazionale di Drammaturgia italiana Contemporanea, coordinato da Maria Letizia Compatangelo, che ho il piacere di conoscere all’incirca dal 2014. Ci siamo incontrate durante uno dei laboratori di scrittura scenica che teneva presso l’Università La Sapienza di Roma, dove mi stavo laureando all’epoca in Arti e Scienze dello Spettacolo. Con il tempo il nostro rapporto si è via via stratificato diventando più completo e basandosi su stima e rispetto reciproci, a livello professionale ma soprattutto umano. È stata lei a convincermi ad associarmi, così non mi sono sottratta all’opportunità di poter entrare in un grande database di drammaturgia contemporanea.
Navigando per il web, si trovano iniziative analoghe, ma ritengo che nessuna abbia la portata – e la serietà – di Autori Expo: c’è una selezione alla base, un tipo di ricerca più profondo ma soprattutto una libertà espressiva che coinvolge gli autori, permettendo loro allo stesso tempo di archiviare – in maniera sistematica – le proprie opere facendosi conoscere però a un pubblico più ampio. Dopotutto, è o non è proprio questo il bello del world wide web?
Cosa ne pensi del teatro in video? Fruire uno spettacolo anche tramite nuovi media, può aiutare il teatro?
Penso che il teatro in video sia la vera rivoluzione che ancora deve arrivare; quell’anello mancante, quel passaggio che permetterà al teatro di traghettarsi verso il futuro. Ti racconto un piccolo aneddoto: dopo il debutto del mio precedente spettacolo, “Sympatya per il Diavolo”, più di una persona mi ha chiesto: “dove posso rivederlo?” La domanda, nella sua semplicità, mi ha spiazzato. Ed è stata proprio questa la molla che mi ha spinto prima a realizzare un trailer dello spettacolo, e prossimamente a collaborare con un regista per realizzare un cortometraggio ad esso ispirato.
Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica: cambiano i tempi, le mode, i linguaggi e i fruitori. Il teatro non può restare ancorato al purismo che troppo spesso serpeggia al suo interno: a parer mio, deve aprirsi alle contaminazioni. Vengo dal mondo del cinema, e fin dall’inizio del mio percorso teatrale ho sempre cercato di approcciarmi a questo mondo mutuando una nuova grammatica direttamente dall’audiovisivo. Il teatro non è il “gemellino povero” del cinema, au contraire, ha un dono che il cinema non avrà mai: la natura quintessenziale della parola, che porta drammaticamente avanti l’azione.
Solo la contaminazione dei linguaggi, spaziando dal teatro, alla video-arte, fino ad approdare al cinema, permette – in termini strettamente darwinisti – l’evoluzione e la sopravvivenza di un mercato nei nostri pazzi, pazzi tempi moderni in continuo cambiamento.
Spero che l’intervista ti sia piaciuta e ti abbia dato la giusta motivazione per continuare la tua carriera teatrale, da attore, regista, scrittore… quello lo scegli tu.
Spero anche che sia servita a cambiare l’idea comune del Teatro, cristallizzata nella mente dei più come qualcosa riservato a un élite fatta di e per persone over 50. Credo di poter affermare con convinzione che mai come oggi il teatro sia fatto di giovani e per i giovani e dato che i giovani sono social, condividetela eh! 🙂
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Tag: autori teatrali, drammaturgia, interviste Filled Under: Dietro le quinte Posted on: 25 May 2018